mercoledì 19 aprile 2017

Due chili di amore - E' nato Leonardo

20.
Dicembre.
2015.
Domenica.
5 giorni a Natale.
35 settimane appena terminate.
È mattina presto e io mi sveglio con dei fastidiosi dolorini.
Non fanno male, sono solo fastidiosi.
Contrazioni preparatorie, niente di preoccupante, dicono.. già, dicono.
Un giretto in macchina, un salto alla casa nuova, decorazioni e lucine di Natale ormai ovunque.
Un pranzo leggero e poi un riposino pomeridiano.
Ormai è da un mese che non faccio altro che riposare.
Bastano pochi passi per farmi gonfiare piedi e gambe.
Un leggero sforzo e mi sale la pressione, la controllo ogni tre ore, forse due; devo anche trascrivere tutte le misurazioni.
Il pensiero costante che tu sei piccino, il peso stimato è di due chili scarsi, ormai i controlli li faccio ogni settimana.
Non riesco a riposare bene, i fastidiosi dolorini aumentano di intensità e il tempo tra uno e l’altro diminuisce sempre più.
Verso le 18.00, tutto ad un tratto, decido di farmi una doccia.
Ho sempre avuto il pensiero fisso di cercare di presentarmi in ospedale, il giorno del parto, con la doccia appena fatta e con i capelli appena lavati e phonati.
Con il senno di poi avevo già perfettamente realizzato cosa stava per accadere; in quel momento invece sembrava tutto così confuso. 
Ma i capelli li hai lavati ieri.
Non importa. Li voglio rilavare. Non ho voglia di essere contraddetta, per favore.  
Doccia, phon, pigiama.
Chiamo mia mamma.
Perche lascia le frasi in sospeso? Non la capisco, cosa vuol dire? Attacco.
Questi dolorini iniziano a fare davvero male e adesso so che hanno il loro nome ben preciso: contrazioni.
Una ogni cinque, quattro, forse tre minuti. Non lo so, il tempo sembra essere così "fuori tempo" adesso.
Inizio ad aggrapparmi ovunque con le mani e a piegarmi sulle ginocchia; ne sta arrivando un’altra, non voglio.
Lui mi guarda senza dire una parola, non sa bene come muoversi e rendersi utile.
Non voglio, è piccolo, manca un mese.
Richiama mia mamma.
Mamma sto andando in ospedale.
Lancio il telefono sul divano, eccone un’altra. Fa male.
Prendi la borsa.
Tra una contrazione e l’altra tolgo il pigiama e infilo i leggings.
Tieni su il pigiama.
No.
Del tragitto casa-ospedale ricordo solo di aver tenuto gli occhi chiusi, di aver urlato, la velocità della macchina, i sorpassi, il suono della cintura non allacciata.
Non metterla se ti da fastidio.
No, la metto, è più fastidioso il suono che tenere la cintura.
Scendiamo dalla macchina, chiamiamo l’ascensore; voglio solo premere su quel pulsante rosso e mettermi nelle mani di qualcuno.
Signora, le attacchiamo il monitoraggio.
No, non voglio, vi prego, non serve.
Credevo di saperne più io di loro.
Me lo attaccano.  Lo staccano poco dopo.
Venga, la visitiamo.
Lei è già dilatata di quattro centimetri.
Prendono la cartelletta con tutti i documenti della gravidanza, fogli che sembrano volare, pagine che sembrano sfogliarsi da sole, firme a casaccio.
Sono circa le 21.00. Entriamo in sala parto.
Respira Luana, respira. Fallo per Leonardo.
Sembra facile.
Movimenti intorno, parole confuse, i miei occhi quasi sempre chiusi.
Signora, non si spaventi, adesso arriveranno un po’ di persone, è piccolino.. neonatologo.. pediatra.. culletta..
Sono tutto tranne che spaventata.
Sento che devo spingere.
E allora spingiamo!
Non so quante ce ne siano volute, non tantissime, so solo che ad un certo punto ho deciso che “quella spinta” sarebbe stata l’ultima.
Mi sono aggrappata a quelle due maniglie con tutta la forza che mi era rimasta, ho “spinto quella valigia immaginaria” così come mi aveva suggerito di fare l’ostetrica e..

Quadretto nascita La zucca Bianca

Ti ho visto per 5 secondi, il tempo di un bacino sulla fronte, i tuoi occhi nei miei e ti hanno portato via.
Ho chiesto al tuo papà se fossi stata brava. Bravissima, mi ha risposto.
Ti ho rivisto la mattina dopo, eri stupendo, ti hanno preso dalla culletta termica e ti hanno sistemato tra le mie braccia.
Avevi un profumo delizioso. Non sapevo come tenerti.
Siamo stati così per più di due ore, io e te.
Nel pomeriggio hanno provato a darti un pochino di latte ma, amore mio, non riuscivi a trattenerlo.
E poi quel discorso. Io, papà e la neonatologa.
Una fitta al cuore.
Dobbiamo portarlo giù, in neonatologia.
Tre giorni con quella piccola flebo di glucosio attaccata, così piccolo ma già così forte.
Abbiamo passato una settimana in ospedale, io e il tuo papà facevamo su e giù in continuazione.
Eravamo stanchissimi ma allo stesso tempo averti con noi ci riempiva il cuore di gioia.
Il più bel regalo del Natale 2015, sei stato tu.
Il 27 dicembre di abbiamo portato a casa.
Oggi hai 16 mesi, hai recuperato nel migliore dei modi, sei forte e sano, sei bellissimo, sei un coccolone, sei solare, vivace e testardo, sei la nostra vita, sei il nostro ricciolino.
Ti amiamo immensamente, mamma e papà.

3 commenti:

  1. Brividi e lcrimucce che scendono da sole. Seppur diverse ho riprovato un po' le emozioni di quei momenti. Bravissima mamma Luana e fortissimo piccolp Leo!

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  2. ����������

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